Inbound Marketing

Lavoro nella comunicazione da oltre 20 anni e qualche anno fa mi è stato chiesto di pianificare alcune campagne di newsletter.
A questa richiesta ho avvertito un senso di disagio.

La richiesta fatta era tardiva relativamente al timing, ovvero arrivata nel momento in cui i mezzi di email marketing erano già all’over-saturazione e l’invio di “email spam” alla deriva, ma il vero disagio era determinato per di più da una mia personale convinzione che forme di comunicazione “push”, come queste, fossero ormai superate. Superate non nel senso di abbandonate, tanto è vero che è ancora utilizzata in forma massiva dai più (ma che se utilizzata con fini “deliziativi” ha la sua ragion d’essere), ma superate per lo meno a livello di efficacia comunicativa, soprattutto se gestite una-tantum, senza una vera pianificazione editoriale e un vero obbiettivo diverso dal semplice “voler mandare una email a tutti”: ma questo è quello che capita in molte realtà.

Da sempre credo che i contenuti e l’aver qualcosa da raccontare assolvano ad una capacità attrattiva senza confronti, e non mi riferisco solo in ambito marketing!

È implicito che i contenuti vadano contestualizzati, in base al target, e in base al target bisogna definire gli strumenti più idonei.

A questo riguardo bisogna far fronte al cambiato del contesto: le Generazioni Y, le Generazioni Z, non sono nomi di fantascienza, ma sono i nuovi consumatori: hanno esigenze diverse rispetto alle generazioni passate, ed un approccio all’acquisto completamente rivoluzionato.

Le tattiche “pull” si calano in questo nuovo contesto, e oggi come non mai sono in grado di dare risultati di conversione dei Lead maggiori rispetto a qualsiasi attività “push”.

Mi sono trovato ad essere un sostenitore dell’inbound marketing, ancor prima di scoprire che così fosse stato definito.

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